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Davanti alla tragica vicenda di Samantha D’Incà, la giovane donna di trent’anni che dopo un banale incidente si trova da sei mesi in uno Stato Vegetativo che mai e poi mai avrebbe accettato di subire, ci troviamo tristemente a ripetere: le Leggi non basta averle, occorre farle vivere, occorre farle conoscere ed applicarle. La famiglia è ricorsa al Giudice tutelare per ottenere ciò che Samantha avrebbe voluto: il distacco da quell’alimentazione artificiale che la tiene in vita contro la sua volontà ormai da sei mesi ma il Giudice ha ritenuto di non autorizzare questa richiesta sostenendo che possano esserci possibilità di recupero anche se i medici hanno dichiarato che il recupero massimo possibile è quello della coscienza di un bambino di quattro mesi. Ma come è arrivata Samantha in queste condizioni? Era caduta, si era fratturata una gamba ed era stata operata. Certo prima dell’intervento avrà firmato un Consenso Informato sulle possibili conseguenze dello stesso, ma perché non è stato inserito fra le possibili conseguenze anche il disgraziato, benché rarissimo caso, dell’esito in un coma vigile? Sì, lo sappiamo, Samantha è uscita senza problemi dall’intervento, l’ipossia che l’ha portata allo stato vegetativo è intervenuta successivamente per una polmonite, ma se quell’ eventualità di possibile stato vegetativo, fosse stata inserita, di routine, come dovrebbe sulla base dell’art. 5 della legge 219/2017, ora si conoscerebbe la sua volontà senza doverla ricostruire a posteriori, come fu per Eluana Englaro. Alla famiglia non resta dunque, come un tempo, quando ancora eravamo privi di una legge ordinaria che desse cogenza all’art. 32 della Costituzione, che ricorrere per le vie legali, impugnare il decreto del Giudice Tutelare, appellarsi per avere Giustizia. La nostra Associazione, che da vent’anni è impegnata sul fronte del rispetto delle volontà della persona nel fine vita, denuncia la scarsa informazione data alla Legge 219/2017 “Norme in materia di Consenso Informato e di Disposizioni Anticipate di Trattamento”. Non la conoscono i medici, non la conoscono i cittadini. Osiamo auspicare che questo tragico caso possa, se avrà la dovuta visibilità, indurre molte e molti a correre a depositare le proprie DAT presso gli Uffici d’Anagrafe dei rispettivi Comuni, così come accadde negli USA al tempo della straziante vicenda di Terri Schiavo. Maria Laura Cattinari Filippo D’Ambrogi Léon Octave Bertrand Presidente Vice Presidente Segretario Modena, 30 Maggio 2021
Il Direttivo Nazionale dell’Associazione Libera Uscita, nella sua riunione del 30 Aprile scorso, esaminato il quesito referendario per la parziale abrogazione dell’art. 579 del codice penale, ha deciso di sostenere l’iniziativa per le seguenti ragioni: Il quesito corrisponde alle convinzioni dell’Associazione Libera Uscita in favore della revisione della predetta norma quale segno di avanzamento dei valori sia di umanità che di esercizio del diritto di scelta da parte della Persona irrimediabilmente sofferente. Ricorda che già nel 2004 l’ Associazione Libera Uscita promosse un ddl, depositato in Senato, prima firma Sen. Alessandro Battisti, nostro Socio Onorario, con cui si chiedeva appunto l’abrogazione dell’art.579 del c.p. e parziale abrogazione del 580 c.p. Il Direttivo ha deciso dunque che l’ Associazione sarà impegnata, attraverso le proprie Socie e Soci, su tutto il territorio nazionale per fare informazione sull’importanza di questa prossima Campagna Referendaria e per esortare ad apporre la propria firma ai Tavoli dove saranno allestiti e/o presso l’Ufficio di Protocollo Generale di tutti i Comuni italiani dall’inizio di Luglio a fine Settembre. Il Direttivo ha chiesto e ottenuto di far parte delle Forze Promotrici di questo Referendum e ha espresso un forte invito al recupero di dialogo più ampio possibile con forze politiche ed Associazionismo affinché la proposta referendaria sia appoggiata, condivisa e vincente. Ha sottolineato inoltre che la delicatezza dell’argomento dovrebbe allontanare ogni forma polemica di confronto – sia a favore che a sfavore – e ha invitato tutt* ad un’ attenzione rispettosa delle motivazioni di fondo sottese alla proposta referendaria. Infine, il Consiglio direttivo ha auspicato che il Parlamento possa legiferare al più presto con contenuti coerenti con quello del quesito referendario ed evitare così la convocazione del referendum stesso. Maria Laura Cattinari – Presidente Filippo D’Ambrogi – Vicepresidente Leon Bertrand – Segretario Maria Elinda Giusti-Tesoriere
La sentenza della Corte d’Appello di Genova che ha mandato assolti Mina Welby e Marco Cappato rappresenta un altro passo avanti nel rispetto della volontà della persona sofferente. Davide Trentini, 53 anni, da quasi trenta affetto da sclerosi multipla, è stato aiutato a morire in Svizzera accompagnato da Mina e Marco che, al ritorno si sono autodenunciati, passibili di condanna per l’art. 580 c.p., secondo comma “aiuto al suicidio”, era il luglio 2017. Nel Dicembre 2019 una sentenza, la 242, della Corte Costituzionale apre una finestra di non punibilità per chi aiuta una persona a morire purché versi in certe condizioni: Patologia inguaribile Sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili Capacità di intendere e di volere per poter esercitare consapevolmente la scelta di morire Dipendenza da trattamenti salvavita Nel luglio 2020 la Corte d’Assise di Massa, territorialmente competente, rifacendosi alla sentenza della Consulta, assolve gli imputati ma successivamente il Pubblico Ministero ricorre in appello poiché Davide Trentini non era dipendente da macchinari, intendendo per “trattamenti salvavita” solo appunto ventilazione, alimentazione ed idratazione artificiali. Ora, con una sentenza lampo, la Corte d’Appello di Genova, ha confermato l’assoluzione riconoscendo come “salvavita” qualsiasi farmaco dal quale la persona dipenda per la sopravvivenza. Libera Uscita plaude a questa nuova sentenza che rappresenta un altro passo avanti verso il pieno rispetto della volontà della persona sofferente. Modena 30/04/2021
L’ Associazione Libera-Uscita dice: “Grazie” al grande teologo, filosofo, sacerdote cattolico Hans Kung, morto a Tubinga a 93 anni, grandissimo difensore del “Diritto di morire”. Kung è stato certo uno degli intellettuali più influenti del nostro tempo, in lotta con la chiesa di Roma in nome della stessa cattolicità. Ma per noi Hans Kung era soprattutto un Compagno caro, carissimo, di viaggio, un Compagno illustre ed importantissimo, nel cammino verso il riconoscimento pieno del Diritto di scegliere come e quando morire!! Un traguardo di Civiltà per cui impegnarsi, operare, lavorare nella convinzione che non mancheremo la meta, anche se a coglierla non saremo noi. Kung lo aveva rivendicato questo diritto già molto chiaramente nel Suo libro del 1996 “Della dignità del morire” una difesa della Libertà di scelta, scritto a quattro mani con l’amico e collega Walter Jens la cui stessa morte, ridotto ad una condizione vegetativa, gli farà dire: “non voglio morire così”. Non sappiamo se Hans Kung abbia concluso la Sua vita con un aiuto a morire, ben possibile per Lui svizzero, così come non sappiamo se questo aiuto ebbero, nella clandestinità, Indro Montanelli o, più recentemente, il nostro Socio Onorario Umberto Veronesi, entrambi coraggiosamente schierati a sostegno del Diritto ad una morte degna, ma ciò che a noi preme, di cui Gli siamo infinitamente grat* è il Suo impegno fino in ultimo in difesa di questo traguardo di Civiltà, ribadito e difeso nell’ultimo libro “Morire felici? Lasciare la vita senza paura” ( Rizzoli editore). Noi crediamo fermamente che sapere di poter scegliere come e quando morire sia un’ Assicurazione sulla vita e sulla qualità della vita, poiché ci consente di vivere serenamente fino alla fine! Grazie Hans Kung! Maria Laura Cattinari – Presidente Filippo D’Ambrogi – Vicepresidente
L’Associazione Libera Uscita si congratula vivamente con il popolo spagnolo per essere stato capace di dotarsi di una Legge che regolamenta l’eutanasia rendendo la Spagna un Paese più umano, giusto e libero, come ha sottolineato il Premier Sanchez. Libera Uscita auspica che anche il nostro Paese possa seguire a breve la strada tracciata dalla Spagna nonostante il fatto che la Presidenza della ‘Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana’ istituita dal Ministro della Salute della Repubblica Italiana, sia stata assegnata al Mons. Paglia, un alto prelato dello Stato Vaticano che ha definito la Legge spagnola “una resa allo sporco lavoro della morte”. Filippo D’Ambrogi – Vicepresidente