”La difficile condizione umana” di David Benatar 

Emile Cioran scriveva negli anni ’70 del secolo scorso “L’inconveniente di essere nati”, un testo nel quale affermava, già nel titolo, che nascere non è un bene, “non conviene”.
Poco meno di cinquant’anni dopo, il filosofo sudafricano David Benatar, direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Città del Capo, ha pubblicato “Meglio non essere mai nati. Il dolore di venire al mondo”, nel quale analogamente sostiene che venire al mondo è un grave male, essendo l’esistenza la condizione abilitante di ogni male.

Di recente lo stesso filosofo sudafricano ha pubblicato un nuovo testo, tradotto dal bioeticista partenopeo Luca Lo Sapio, che lo ha intitolato “La difficile condizione umana, una guida disincantata alle maggiori domande esistenziali”
Un testo nel quale, Benatar questa volta si occupa di coloro che sono già venuti al mondo e ai quali riconosce un interesse nel continuare ad esistere che, in genere, neppure i mali della vita riescono a scalfire.

Benatar afferma che l’atteggiamento più corretto da assumere verso i temi esistenziali è un pessimismo pratico che equivale a un semplice “realismo”, e non a un nichilismo incondizionato.
Essere pessimisti, senza indugiare in modo ossessivo sui pensieri negativi, consente di vivere in modo positivo i momenti di ristoro dalle tempeste della vita senza peraltro perdere di vista che il tono di fondo dell’esistenza è tutt’altro che positivo.

Al contrario, pensare in modo ottimistico può essere ‘pericoloso’ perché comporterebbe la perpetrazione dell’illusione che una buona vita sia tutto sommato raggiungibile, se non ora in futuro, se non da noi da qualcun altro.
Questa illusione, a sua volta, alimenterebbe il desiderio procreativo che alberga in molti esseri umani e prolungherebbe le sofferenze di una specie che potrebbe, attraverso la desistenza procreativa (espressione che Lo Sapio usa nel saggio introduttivo all’edizione italiana del volume) mettere fine ai suoi tormenti.

Il disincanto radicale è un tratto fondamentale nella filosofia del sudafricano, una filosofia scomoda, nient’affatto consolatoria che, di fronte alle rimostranze di chi dovesse rivendicare il diritto di illudersi alimentando la propria capacità di lenire le sofferenze volgendo lo sguardo altrove, Benatar risponde che l’illusione non rappresenta solo un male per colui che si illude ma anche per coloro i quali sono i frutti dell’illusione: la progenie.

Inoltre, illudersi sul proprio significato cosmico può portarci a trascurare gli unici significati raggiungibili, ossia quelli terrestri.
Per inseguire significati impossibili da conseguire rischiamo di precluderci gioie più accessibili nell’ambito di un orizzonte di senso più circoscritto, che possiamo cercare di costruire qui ed ora.

Nonostante il fatto che anche le migliori vite, considerate nel loro complesso, contengano più male che bene, e contrariamente a quanto sostengono gli epicurei per i quali la morte sarebbe un male solo se ci fossero sensazioni ad essa associate, per Benatar anche la morte è un male, perché ci priva dei beni di cui avremmo potuto godere se fossimo vissuti di più, e, soprattutto, perché ci annichilisce per l’eternità.

Infine, se anche la morte è un male, il suicidio non può essere la soluzione, pur se in alcune situazioni può rappresentare un male minore.
Qui Benatar ricollega il tema del suicidio a quello della qualità della vita.
Se, infatti, la qualità della vita è scadente anche nelle vite migliori, allora il suicidio potrebbe essere una soluzione da prendere in considerazione in alcuni casi.

E a questo punto sorge spontanea la domanda:
cui prodest questa lucida e implacabile professione di radicale disincanto. ancor più se cade nel momento in cui siamo travolti e sconvolti dal ‘Male Pandemico’?

La risposta è fornita dallo stesso Luca Lo Sapio, che ha inteso tradurre Benatar proprio ritenendo che, nel complesso, le sue posizioni, talvolta urticanti e non esenti da critiche, ci consentono di mettere a fuoco alcune questioni dirimenti.
“Benatar, la sua filosofia e le sue argomentazioni – sostiene Lo Sapio – sono in grado di funzionare come memento, ossia di ricordarci che la condizione umana non è attualmente già buona, e che dobbiamo mettere a fuoco tutte le contromisure possibili per cercare di migliorarla visto che, nel suo complesso, è ancora piena di male e sofferenza.”

Autore: David Benatar
Editore: Giannini
Anno: 2020

EAN: 9788869061196

(Recensione di Filippo D’Ambrogi)

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