La sentenza della Corte d’Appello di Genova che ha mandato assolti Mina Welby e Marco Cappato rappresenta un altro passo avanti nel rispetto della volontà della persona sofferente.
Davide Trentini, 53 anni, da quasi trenta affetto da sclerosi multipla, è stato aiutato a morire in Svizzera accompagnato da Mina e Marco che, al ritorno si sono autodenunciati, passibili di condanna per l’art. 580 c.p., secondo comma “aiuto al suicidio”, era il luglio 2017.
Nel Dicembre 2019 una sentenza, la 242, della Corte Costituzionale apre una finestra di non punibilità per chi aiuta una persona a morire purché versi in certe condizioni:
- Patologia inguaribile
- Sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili
- Capacità di intendere e di volere per poter esercitare consapevolmente la scelta di morire
- Dipendenza da trattamenti salvavita
Nel luglio 2020 la Corte d’Assise di Massa, territorialmente competente, rifacendosi alla sentenza della Consulta, assolve gli imputati ma successivamente il Pubblico Ministero ricorre in appello poiché Davide Trentini non era dipendente da macchinari, intendendo per “trattamenti salvavita” solo appunto ventilazione, alimentazione ed idratazione artificiali.
Ora, con una sentenza lampo, la Corte d’Appello di Genova, ha confermato l’assoluzione riconoscendo come “salvavita” qualsiasi farmaco dal quale la persona dipenda per la sopravvivenza.
Libera Uscita plaude a questa nuova sentenza che rappresenta un altro passo avanti verso il pieno rispetto della volontà della persona sofferente.
Modena 30/04/2021